L’Europa con Kiev e senza Londra Rallegra ascoltare vigoroso il rullo di tamburo che proviene dal campo del partito democratico in queste ore in cui il premier Renzi è a Bruxelles. “Siamo qui per cambiare verso all’ Europa, e non certo per farci dettare l’agenda dalla Germania e da Angela Merkel”, ha detto battagliera l’onorevole Bonafè. E l’ottimo Gozi gongola: “abbiamo ottenuto quanto volevamo: ampi spazi di manovra”. Beata gioventù, noi eravamo stati a dir il vero un po’ più prudenti. Se la sospirata flessibilità dei parametri dipende dall’impegno sulle riforme strutturali, siamo ancora un pochino indietro. Ad esempio, Guido Gentili, sul quotidiano di Confindustria annota che non si vede traccia del meccanismo voluto dal governo per accelerare i tempi dell’attuazione dei provvedimenti e qui una volta indicate date perentorie, i tempi sono tutto, e, ahinoi, “non sono” dalla parte del governo. Come riconosce onestamente il ministro Padoan, la crisi non è ancora finita e lo ringraziamo. A contrario dei suoi predecessori, Padoan non ritiene sufficiente sedersi lui sulla poltrona di Quintino Sella per dichiarare superata la crisi. La crisi continua ed il governo deve affrontarla. Vi riesce? Perché se non vi riesce, scordatevi misure di flessibilità di una qualche efficacia. Possiamo lagnarci fin che ci pare e anche con delle ragioni, come sul fronte emigratorio. Ma guardate all’evolversi della situazione. L’Unione europea ha firmato l’accordo di associazione con l’Ucraina, il primo passo per l’ingresso di Kiev nell’Ue. Con il debito che ha l’Ucraina ed i rischi militari che corre nel suo confronto con la Russia, l’Unione europea sarà intenzionata a mostrarsi più, o meno, “flessibile”? Un' Ucraina interamente nella Ue potrebbe rappresentare tre volte i problemi passati con la Grecia, soprattutto nel caso in cui la situazione nella Regione degenerasse in un conflitto e non c’è mica da scherzare. L’Unione europea sta poi per perdere definitivamente l’Inghilterra. Temiamo che Cameroon, sia costretto a rompere la correlazione, se non causa la nomina di Junker, causa la pressione di Farage che è una minaccia elettorale seria e vai a spiegare agli inglesi che la loro forza è data dalla proiezione sull’Europa. Lo capiranno magari negli anni dopo la rottura. In ogni caso un Europa con dentro l’Ucraina e con fuori la Gran Bretagna, potrà essere più flessibile? Inutile precipitare la situazione ci mancherebbe, incrociamo le dita ma se fossimo al posto di Bonafè e Gozi qualche domanda non convenzionale sul futuro del continente al netto degli ottimismi, ce la porremmo. L'economia sopravanza la politica. Soprattutto se noi continuiamo ad arrancare. La Corte del conti ha appena ricordato che sono 144 mila gli eletti in Italia, un vero esercito che costa 3 mld di spesa per il Parlamento e altri 3 mld per Regioni, comuni, province ed enti vari. E noi abbiamo avuto la geniale pensata di togliere la diaria a meno di duecento senatori? Buona fortuna davvero. Roma, 27 giugno 2014 |